ANALISI PER INDICI DI BILANCIO – ALCUNI SPUNTI DI INTERESSE

A cura del Dott. Recchia Luca

Introduzione

Il processo per la valutazione del merito creditizio di un’impresa tiene conto di una serie di indicatori derivanti dal raffronto tra diverse grandezze ricavabili dal bilancio d’esercizio. L’analisi deve essere effettuata su un arco temporale pluriennale. 

La struttura del bilancio d’esercizio

Come sappiamo, il bilancio d’esercizio può essere redatto alternativamente secondo diverse tassonomie a seconda dei casi.

a) Bilancio Microimprese

Sono considerate micro-imprese le società che nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi consecutivi, non abbiano superato due dei seguenti limiti:

  • totale dell’attivo dello Stato Patrimoniale: Euro 175.000;
  • ricavi delle vendite e delle prestazioni: Euro 350.000
  • dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 5 unità.

Le micro-imprese sono esonerate dalla redazione:

  • della nota integrativa nonchè del
  • rendiconto finanziario.

Nelle micro-imprese pertanto il bilancio d’esercizio può essere composto dai soli Stato Patrimoniale e Conto Economico, per i quali sono previsti forma, struttura e contenuti uguali a quelli del bilancio in forma abbreviata. Nel caso in cui le imprese che rientrano nella classe delle micro-imprese volessero comunque presentare il bilancio completo di Nota Integrativa ed eventuale Rendiconto Finanziario, dovranno redigere e depositare il bilancio in forma abbreviata usando la relativa tassonomia.

Al pari delle piccole imprese, quindi, anche le microimprese potranno comunque presentare il bilancio in forma ordinaria.

b) Bilancio abbreviato

Il bilancio in forma abbreviata può essere redatto dalle Società di capitali che nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi consecutivi, non abbiano superato due dei seguenti limiti (piccole imprese):

  • totale dell’attivo dello Stato Patrimoniale: Euro 4.400.000
  • ricavi delle vendite e delle prestazioni: Euro 8.800.000
  • dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 50 unità.

Il bilancio abbreviato è composto da:

  • Stato Patrimoniale
  • Conto Economico
  • Nota Integrativa.

Le imprese che rientrano nella classe delle piccole imprese potranno comunque presentare il bilancio in forma ordinaria.

c) Bilancio in forma ordinaria

Il Codice civile stabilisce che gli amministratori devono redigere il bilancio d’esercizio in forma ordinaria, costituito da:

  • Stato Patrimoniale
  • Conto Economico
  • Rendiconto Finanziario (Prospetto Contabile)
  • Nota Integrativa.

Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio.

Il bilancio in forma ordinaria riguarda le Società quotate in Borsa che hanno emesso titoli negoziati in mercati regolamentati ovvero coloro che superano i limiti per redigere il bilancio in forma abbreviata.

Altri soggetti

Nel caso in cui non vi fosse obbligo di redazione e deposito del bilancio d’esercizio, quindi nel caso in cui per es. si operi con una micro o piccola impresa con una natura giuridica diversa dalla società di capitale e/o in settori particolari come ad esempio agricoltura, artigianato, servizi ecc., si gode di un regime di contabilità semplificata.

In questo caso è comunque importante che, pur non avendo un obbligo di legge, si disponga di un documento contabile che contenga più informazioni possibili affinchè si possa monitorare la situazione economico-finanziariadell’impresa e facilitare la banca nella valutazione del merito di credito.

L’equilibrio dell’impresa

Equilibrio finanziario ed equilibrio economico, verificabili con l’analisi di bilancio, sono due componenti fondamentali.

Il documento fondamentale da cui partire per l’analisi di bilancio è innanzitutto lo Stato Patrimoniale che generalmente viene suddiviso in 5 macroclassi (art. 2424 del codice civile):

 Le attività sono composte dalle:

– immobilizzazioni (beni che vengono utilizzati in azienda oltre 12 mesi. Es: macchinari, un impianto di produzione o un software. Questi beni rimangono all’interno dell’impresa per lunghi periodi);

attivo corrente o circolante (comprende gli elementi dell’attivo avente una durata residua antecedente a 12 mesi. Si ottiene dalla somma delle seguenti voci: liquidità immediate, liquidità differite);

Le passività comprendono invece:

– patrimonio netto (differenza tra le attività e passività dello stato patrimoniale di un’azienda.  E’ quindi costituito da tutte quelle fonti di finanziamento interne derivate dai soci dell’azienda);

debiti a medio-lungo termine (debiti di durata superiore ai 12 mesi come per mutui passivi, finanziamenti, debiti per TFR);

– passività correnti (finanziamenti in atto a titolo di credito a breve termine. Si tratta di finanzianti attinti da fonti esterne, cioè di crediti concessi all’impresa da terzi).

Per riepilogare abbiamo:

Parallelamente è fondamentale esaminare anche il Conto economico, la cui riclassificazione consente di identificare progressivamente la modalità di formazione del risultato netto d’esercizio partendo dalla gestione caratteristica. E’ possibile osservare qui di seguito:
La riclassificazione del conto economico a valore aggiunto
Fatta questa premessa gli indicatori si suddividono a loro volta in diverse categorie, che esamineremo qui di seguito.
1. Indici di redditività:
Traggono la loro fonte dal conto economico riclassificato emettono in evidenza gli aspetti economico reddituali.
a) ROE Return on equity
ROE = (Risultato d’esercizio / Patrimonio netto) X 100.
Il ROE indica la redditività del patrimonio netto, ovvero il ritorno economico dell’investimento effettuato dai soci dell’azienda.
La domanda che ci poniamo è la seguente: esiste un livello di ROE che possiamo definire come “buono”? In generale, più elevato è il ROE di una società, maggiore è la sua appetibilità. Possiamo dire che l’indice è buono se supera almeno di 3 – 5 punti il tasso di inflazione, essendo in ogni caso fortemente influenzato dal settore di riferimento. Attenzione, però. Questo concetto vale se si comparano società appartenenti al medesimo settore e simili per dimensioni. Ad esempio, le utility, di solito, hanno molti asset e debiti in bilancio e importi relativamente ridotti di utile netto. Discorso diverso invece per un’azienda tecnologica o un’azienda del settore retail, dove patrimoni netti più bassi rispetto all’utile netto possono portare a livelli di ROE più alti.Su quest’ultimo punto dobbiamo considerare i seguenti aspetti. Se, come abbiamo visto, un ROE alto è preferibile a uno basso, occorre fare attenzione a valori troppo elevati. Per un’azienda che presenta un ROE doppio o triplo rispetto alla media dei suoi competitor non è sempre un buon segnale, in quanto può indicare:

  • capitale ridotto rispetto all’utile netto, il che indica una situazione rischiosa;
  • profitti altalenanti: immaginiamo che un’azienda non sia stata redditizia per diversi anni. Le perdite annuali sono state iscritte in bilancio nella quota di patrimonio netto, riducendone il valore. Supponiamo che la stessa società abbia avuto un guadagno inaspettato nell’ultimo anno e sia tornata alla redditività. Il denominatore (patrimonio netto) nel calcolo del ROE è ora molto piccolo dopo molti anni di perdite, il che rende il suo ROE ingannevolmente alto.
  • debito in eccesso: maggiore è il debito di un’azienda, maggiore è il rischio che il capitale proprio possa diminuire.

In tutti i casi, livelli di ROE negativi o estremamente elevati dovrebbero essere considerati degli “alert”che vale la pena indagare.

b) ROI Return on investment
ROI = (Reddito operativo / Capitale investito) X 100.
Tale indicatore indica la redditività operativa dell’azienda, in rapporto ai mezzi finanziari impiegati. In altre parole consente di misurare il ritorno finanziario dell’iniziativa che per essere soddisfacente deve risultare superiore contemporaneamente:

  • al tasso di remunerazione atteso dall’azionista (vedi ROE);
  • al costo medio del denaro in prestito (mezzi finanziari di terzi).

La misura ottimale dell’indice, oltre che essere influenzato sensibilmente dal settore di riferimento, dipenderà dal livello corrente dei tassi di interesse.

Nello specifico, calcolando il ROI, si ottiene un risultato che indica la redditività di un investimento nella sola gestione caratteristica di un’azienda. Indica pertanto quanto una nuova capitalizzazione genera profitto nella sola attività tipica aziendale.

Un ROI negativo, quindi, potrebbe indicare un problema all’interno del core business medesimo, che altri parametri potrebbero non mostrare chiaramente.

c) ROS Return on sales

ROS = (Reddito operativo / Fatturato) X 100
Il ROS misura la redditività delle vendite in termini di gestione caratteristica (reddito operativo).

Trattasi di un indicatore chiaramente influenzato dal settore in cui opera l’azienda; può risultare inoltre condizionato in positivo o in negativo dalla politica degli ammortamenti adottati, per cui va valutato in stretta relazione con l’indice M.O.L. illustrato al punto successivo.

d) MOL Margine operativo lordo

MOL = (Reddito operativo ante-ammortamenti/Fatturato) X 100
Il M.O.L. è il c.d. margine operativo lordo, ovvero il risultato operativo ante ammortamenti (quello che in acronimo oggi viene denominato EBITDA); viene rapportato al valore dei ricavi per valutare la redditività delle vendite in termini di ritorno operativo e di autofinanziamento allo stesso tempo.
Il M.O.L. incorpora di fatto il livello di autofinanziamento (liquidità) prodotto prima di eventuali oneri e proventi straordinari, oneri finanziari ed imposte.
È uno dei più importanti indici che viene valutato dagli analisti finanziari.e) Incidenza degli oneri finanziari
Tale indicatore misura l’incidenza del costo dell’indebitamento finanziario sul volume di affari. Con il nuovo incremento dei tassi di interesse, possiamo dire che la soglia del 5% rappresenta valore “limite”.
2. Indici patrimoniali e di liquidità
Trattengono la loro fonte dallo stato patrimoniale riclassificato e
mettono in evidenza gli aspetti finanziari del bilancio aziendale.
Gli indici più comunemente utilizzati sono i seguenti.
a) Indipendenza finanziaria
(Capitale proprio / Totale attivo SP) X 100
Indica il grado di solidità patrimoniale dell’azienda in termini di rapporto tra il capitale proprio ed il totale dell’attivo dello stato patrimoniale.
I valori di riferimento differiscono notevolmente a seconda della tipologia dell’”analisi/valutazione” (investimento o merito creditizio). Nell’ambito della definizione del merito creditizio
indichiamo i seguenti valori di riferimento:
  • Ottimo > 25-30%
  • Buono > 15%-20%
  • Sufficiente > 8-10%
  • Critico < 7%.

b) Margine di struttura primario

(Capitale proprio / Attivo immobilizzato netto) X 100

Questo indicatore evidenzia la capacità dell’impresa di coprire con mezzi propri le attività immobilizzate dell’azienda:

  • un indice superiore a 1 segnala uno stato di ottimo equilibrio patrimoniale;
  • un indice inferiore a 1 deve essere compensato, ai fini di un corretto equilibrio, da altre fonti a medio termine quali ad esempio fondo TFR, altri fondi e debiti a M/L termine.

c) Margine di struttura secondario

(Fonti consolidate / Attivo immobilizzato netto) X 100

Fonti consolidate = capitale proprio + fondi + debiti M/L termine
Indice molto importante per valutare se l’azienda ha coperto in modo corretto le proprie immobilizzazioni, ovvero gli investimenti realizzati.
Segnaliamo i seguenti valori di riferimento nell’ambito della valutazione del merito creditizio:

  • Ottimo >1,25
  • Buono>1-1,20
  • Sufficiente 1
  • Critico <1

Se l’indice è inferiore a 1 l’azienda deve senz’altro attivarsi per accendere nuovi finanziamenti a medio/lungo termine, anche in funzione prospettica (tenuto conto delle previsioni di nuovi investimenti, ammortamenti previsti sui cespiti, ammortamento di debiti già in essere).
La necessità di avere un indice superiore a 1 dipende dalla previsione o meno di nuovi investimenti, oppure dalla consistenza del magazzino.

d) Rapporto tra patrimonio netto/totale passivo

Un altro indicatore da prendere in considerazione è il rapporto tra patrimonio netto e il totale del passivo dello Stato Patrimoniale. Questo indicatore va letto in ottica “decrescente”: minore è l’indicatore stesso, infatti, maggiore è il livello di sottocapitalizzazione dell’impresa e quindi si abbassa il merito di credito.

In Italia, in genere, le piccole e medie imprese sono sottocapitalizzate, questo significa che prevalgono i debiti rispetto al capitale proprio. Per la banca, disporre di un limitato patrimonio significa scarsa affidabilità perché aumentando il numero dei debitori e la loro esposizione aumenta il rischio di insolvenza.

Se l’impresa non ha un patrimonio adeguato, la banca in genere può richiedere una o più garanzie a supporto della domanda di credito. Le garanzie possono provenire direttamente dal patrimonio dell’imprenditore oppure possono essere fornite da soggetti esterni.

Un altro indicatore per misurare l’equilibrio finanziario è il leverage o indice di indebitamento. Ci sono diversi modi per calcolarlo. Al numeratore puoi inserire tutti i tuoi debiti, oppure solo i debiti verso il sistema bancario (in questo caso misura il grado di indipendenza dalle banche), siano essi di breve o di medio termine o solo i debiti verso le banche a medio termine. In ogni caso al denominatore compare sempre lo stesso elemento: il patrimonio netto. Più l’indice cresce e più l’impresa è indebitata.

3. Indici di disponibilità (current ratio)

a) Capitale circolante netto

CCN = Attività correnti – passività correnti

Il Capitale Circolante Netto (CCN) è un margine di primaria importanza, poiché evidenzia il livello di equilibrio strutturale e finanziario di breve termine. Il CCN è costituito dalla differenza tra le attività correnti e le passività correnti, in altri termini da (rimanenze + liquidità immediate + crediti a breve termine) meno (debiti finanziari + debiti a breve termine). Il CCN esprime la misura in cui l’impresa è in grado di far fronte agli impegni assunti nel breve periodo con il realizzo delle attività a breve.

b) Indice di disponibilità = (Attivo circolante / Passività correnti) X 100

Attivo circolante = crediti + liquidità + magazzino
Passività a breve = fornitori + debiti a breve + banche BT

Tale indicatore evidenzia la capacità dell’azienda di far fronte agli impegni a breve attraverso l’utilizzo del capitale circolante. A differenzia dell’indicatore successivo considera anche il valore delle rimanenze di magazzino.

c) Indice di liquidità o tesoreria (acid test)
Indice analogo al precedente con esclusione del magazzino dal numeratore.

Un indice pari a 1 equivale a una situazione di buon equilibrio finanziario, in quanto consente all’azienda di fronteggiare tranquillamente gli impegni a breve, senza tenere conto del magazzino che per sua natura, pur essendo considerato elemento del capitale circolante, può assumere una valenza minore in termini di “liquidità”.

d) Posizione finanziaria netta (PFN) – Margine Operativo Lordo (MOL)

Si possono avere 2 metodologie di calcolo della PFN:

  • PFN Sintetica: banche + altri finanziatori – disponibilità liquide;
  • PFN Allargata: (obbligazioni + obbligazioni convertibili + debiti verso soci per finanziamenti + debiti verso banche + debiti verso altri finanziatori + titoli di credito) – (disponibilità liquide + attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni).

L’indice PFN/MOL costituisce di fatto un indicatore importante perché mette in relazione l’indebitamento finanziario con la redditività e fornisce la principale indicazione sintetica della capacità dell’impresa di generare cassa.

 

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